Il Po e le sue Terre

Il Po, il maggiore fiume italiano che sfocia sul Mare Adriatico con il suo articolato delta, nasce oltre seicentocinquanta chilometri più a monte, sul Monviso. Con i suoi 652 Km è il fiume più lungo d’Italia. Attraversa 4 regioni e tutta la Pianura Padana. Lambisce il confine tra Emilia e Lombardia scorrendo tra le province di Mantova e Reggio Emilia. E il Po in terra reggiana ha un’importanza focale. E’ sulle rive del Po che nasce il personaggio di Don Camillo: il suo creatore, Giovanni Guareschi, lo ha voluto far vivere proprio qui, a Brescello e Boretto, in un ambiente che lo stesso scrittore ha definito come un emblema della realtà rurale italiana del dopoguerra.
Boretto, Brescello, Gualtieri, Guastalla, Luzzara, Novellara, Poviglio, Reggiolo: tutti centri della “Bassa” reggiana accomunati dalla presenza del Grande Fiume che da sempre scorre su queste terre caratterizzando la cultura, l’economia, la storia e le tradizioni di questi luoghi.
L’itinerario che si percorre permette di conoscere alcune piccole capitali governate per secoli da importanti famiglie non solo locali; i Gonzaga, i Bentivoglio, gli Este hanno reso queste città dei centri di potere lasciando sul territorio, ancora oggi visibili, segni tangibili della loro presenza. E insieme all’aspetto culturale, seguendo il corso del fiume è possibile sostare in caseifici dove si produce il Parmigiano Reggiano, cantine dove sorseggiare lo spumeggiante Lambrusco e case di campagna che custodiscono nelle mansarde le batterie di botti per il rinomato Aceto Balsamico Tradizionale. A tutto questo si aggiunge la possibilità di effettuare la navigazione sul Po con percorsi brevi, lunghi con ristorazione a bordo, notturni, per raggiungere altre corti e città d’arte creando il proprio itinerario a piacimento.
Queste le località principali del territorio con i monumenti principali da visitare:
  • Boretto: Basilica di S. Marco, Museo del Po e della navigazione interna;
  • Brescello: “Brixellum Romanorum”- Museo archeologico, Museo Peppone e Don Camillo;
  • Gualtieri: Palazzo Bentivoglio, Chiesa dell’Immacolata Concezione, Palazzo Greppi;
  • Guastalla: Palazzo ducale, Cattedrale dei S.Pietro e Paolo, Teatro Comunale, Chiesa di Pieve;
  • Luzzara: Palazzo Gonzaga (della Macina), Museo Nazionale delle Arti Naives, Villa Maso;
  • Poviglio: Terramara Santa Rosa di Fodico di Poviglio, Museo della Terramara;
  • Reggiolo: Rocca, Teatro, Parco di Palazzo Sartoretti
Fu nei pressi del fiume Po che le piccole signorie indipendenti del rinascimento e le famiglie importanti dei possedimenti limitrofi, hanno arricchito d’arte e di cultura territori sperduti in aperta campagna. Ricordiamo i Gonzaga, che reggevano il feudo di Guastalla o i Bentivoglio, signori di Bologna, che regnavano anche sul feudo di Gualtieri; o ancora gli Estensi che, a partire dal 1400 per due secoli,  riscattarono il 90% dei territori appartenuti alle piccole signorie
 

BORETTO
Di tutto il tratto di fiume che va da Piacenza a Ferrara, il porto Turistico Fluviale Regionale di Boretto è senz’altro il più attrezzato e caratteristico. Il porto si trova sulla sponda destra del fiume e costeggia la S.S. 62, accesso diretto già dal Passo della Cisa. Avendo anche una marina molto attrezzata a livello di servizi turistici, la maggior parte delle motonavi in navigazione sul Po scelgono Boretto come punto di atrracco dal 2007. Questo ha portato ad una ristrutturazione volta ad ampliare i posti barca disponibili. L’area del Lido Po prospiciente gli attracchi,dove risiedono i servizi a terra, si sviluppa su di un’area di 400 metri in cui troviamo 3 zone d’ormeggio in grado di accogliere motonavi fino a 1.000 ton. di stazza lorda. Tutte le infrastrutture del porto e del lido sono gestite dalla società Infrastrutture Fluviali s.r.l. La zona del Lido offre servizi di ogni tipo che fanno del porto turistico di Boretto la base perfetta per le offerte turistiche e gastronomiche di tutto il comprensorio della bassa reggiana e delle province limitrofe. Per questo motivo e per la continua e crescente richiesta di crociere fluviali la società Infrastrutture Fluviali ha portato a termine la costruzione della nuova unità navale denominata PADUS. 

BRESCELLO
“Un emblema della realtà rurale italiana del dopoguerra”: è così che Giovanni Guareschi aveva descritto il territorio in cui si svlgono le vicende di Don Camillo e Peppone quando si trovò a dover commutare in immagini l’atmosfera dei suoi romanzi. Fu a Brescello che aveva trovato l’ambiente ideale, con la gente, i luoghi, il clima più caratteristico della Bassa Padana.
Ma Brescello non è solo il paese di Don Camillo: è anche una cittadina ricca di storia e di arte. Ci sono edifici risalenti al periodo rinascimentale, come l’antico ospedale o l’edificio della posta, già in uso nel periodo degli estensi. E’ qui che si trova la campana utilizzata in uno dei fil del ciclo di Don Camillo. Proseguendo lungo la stessa strada, si arriva alla piazza principale: Piazza matteotti, che ha fatto da set per tutti i film tratti dai romanzi di Guareschi. Qui troviamo la Chiesa di Santa Maria Nascente (che ospita il ‘cristo parlante’ del film), il Municipio, non chè le statue dei due personaggi principali di Don Camillo e Peppone di fronte a due bar omonimi. Le statue furono poste n ella piazza per celebrare il cinquantenario del primo film girato a Brescello.
A pochi passi dalla piazza troviamo il complesso monastico di San Benedetto di epoca estense (fu proprio Ercole I d’Este a commissionarlo). Il monastero fu attivo per tre secoli, fino all’epoca napoleonica, quando fu soppresso per essere commutato prima in ospedale e poi in caserma. Oggi, essendo stato restaurato negli anni ’80, è divenuto un centro culturale ed ha conservato gran parte della struttura architettonica rinascimentale. Oltre alle sale cinviche e alla biblioteca comunale, ospita il Museo di Peppone e Don camillo e il museo archeologico.
Ma questo non è l’unico museo dedicato ai racconti del celebre parroco. Esiste anche un museo dedicato a Giovanni Guareschi, inaugurato nel centenario della nascita dell’autore, che lo mette in relazione col territorio. Di fronte all’edificio ritroviamo il carro armato utilizzato in uno dei film e, poco più il là il parco Guareschi che ospita la statua dell’autore.
Vista la vicinanza al fiume è poi possibile percorrere una passeggiata di 500 metri fino alle rive del Po, nel punto in cui l’Enza vi confluisce. 

GUALTIERI
Dal nome di derivazione longobarda, l’edificio più importante della cittadina è senza dubbio Palazzo Bentivoglio. Si tratta di una fortezza rinascimentale con le caratteristiche classiche delle residenze signorilil di campagna. Si accede al cortile principale dal portone della torre civica. Il Palazzo sorge di fronte alla grande piazza omonima che, tra l’altro, è stata dichiarata “una delle più belle di Italia”. Aveva la doppia funzione di piazza pubblica e di corte d’onore del palazzo. Fautori di tutto questo, ancora una volta, gli Este (Cornelio ed Ippolito) grazie all’opera dell’architetto Aleotti che abbiamo già trovato nel corso dei rimaneggiamenti della rocca di Scandiano e, più in generale, autore di progetti su Ferrara e Parma (il teatro Farnese è opera sua). La struttura della cittadina vede al centro la piazza (già fulcro del borgo medievale che è stato integrato all’interno del nuovo complesso urbano rinascimentale): da qui si dipartono 3 strade principali che conducono agli edifici focali della città: il Palazzo, la torre e la chiesa.
Piazza e Palazzo furono progettati ed edificati contemporaneamente. In epoca rinascimentale esisteva anche un giardino alle spalle del palazzo che arrivava fino al Po ed era la via di accesso per gli ospiti che arrivavano dal fiume. Il lustro del palazzo si estinse nel ‘700, quando fu acquistato dal comune che ne demolì buona parte. Oggi ne resta solo la facciata. All’interno invece, troviamo ancora diverse sale del piano nobile affrescate con temi mitologici, tra cui ricordiamo in particolare la sala della Gerusalemme Liberata.
L’Aleotti si occupò anche del progetto della torre civica e della chiesa, Santa Maria della Neve, di cui oggi, come per il palazzo, resta solo la facciata. Ricordiamo anche l’Annunciazione posta sull’altare principale, opera del pittore ferrarese Carlo Bononi
Frazioni di Gualtieri che meritano una menzione sono Pieve Saliceto, dove si trova il santuario dell’Annunciazione della Beata Vergine, una delle più belle chiese secentesche fondate vicino al Po, e Santa Vittoria, dove ritroviamo Palazzo Greppi (dal nome del conte che nel ‘700 attuò un’importante azione imprenditoriale sul territorio), esempio di residenza nobiliare, integrata ad una tenuta agricola.
Ultimo, ma non per importanza, ricordiamo infine il Museo dedicato ad Antonio Ligabue: inaugurato nel 1988 all’interno di quella che fu la casa natale del pittore, raccoglie oltre alle opere, anche documenti sulla sua vita, su Gualtieri e sulla civiltà padana. Antonio Ligabue, pittore autodidatta, il più noto dei naïf italiani, intorno al 1930, incoraggiato dallo scultore Mazzacurati, si dedicò a raffigurare soprattutto animali feroci con colori violenti, segno anche della sua fragilità psichica, che lo portò a essere più volte ricoverato in un istituto neuropsichiatrico. Un altro percorso espositivo si trova all’interno di Palazzo Bentivoglio 

GUASTALLA
La corte di Guastalla aveva fama già in epoca medievale. Lo attesta il fatto che, a cavallo tra il 1000 e il 1100 vi si tennero ben due concili papali, ospitati nella chiesa di Pieve. Fu parte della signoria dei Torellil in epoca rinascimentale, ma il periodo di maggior splendore iniziò nel 1539, quando fu acquistata dalla famiglia Gonzaga (a differenza di tanti altri possedimenti della bassa che finirono all’interno del territorio estense, probabilmente perché il borgo si trovava sulla riva destra del Po). Fu Ferrante Gonzaga che commissionò diversi rimaneggiamenti per farne un possedimento nobiliare: vennero chiamati diversi artisti in voga all’epoca, tra cui il Guercino o il Volterra, per arricchire i suoi interni e ospitò famosi letterati come Tasso e Guarini. Non dimentichiamo inoltre che, se gli interni vennero abbelliti, gli esterni vennero fortificati in modo tale da farne una delle città fortificate più importanti del Nord Italia. Ai Gonzaga subentrarono i Borbone di Parma e, successivamente, Napoleone e Maria Luigia che la inglobarono nel ducato di Parma e Piacenza.
L’edificio di maggiore rilevanza è senza dubbio il Palazzo ducale, sorto sull’antico castello dei Torelli. Accolse poeti e artisti dell’epoca. Oggi è sede del Museo della Città di Guastalla allestito nel piano nobile:  il percorso espositivo si sviluppa attraverso quattro sale che corrispondono a periodi diversi della storia della città: la prima è dedicata alle origini del territorio, la seconda conserva materiale relativo alla formazione dello stato e della città, la terza espone documenti del periodo finale dell’epoca gonzaghesca e nella quarta sala trovano spazio materiali della storia e della cultura contemporanea 

LUZZARA
Pur trovandosi territorialmente più vicina a Mantova, la cittadina di Luzzara si trova in provincia di Reggio Emilia, sulle sponde del Po Luzzara ha un territorio molto vasto, in parte occupato dalle aree golenali del Po e che include 3 frazioni. Un tempo possedimento dei Gonzaga come Guastalla, ha purtroppo perso gran parte dei suoi monumenti, tra cui il castello di cui oggi resta solo un’ala, a causa di una sanguinosa battaglia svoltasi qui nel ‘700 durante la guerra di successione spagnola. Dell’ala del castello rimasta, rimaneggiata ed adibita ad edificio scolastico, si sono comunque salvati alcuni affreschi ed uno stemma della famiglia Gonzaga, opera del Della Robbia, nonché la sala dedicata al Teatro di Corte. Altro monumento andato perduto a causa della guerra spagnola, ma che fu poi ricostruito in seguito, è la chiesa di San Giorgio: la facciata è barocca, ma l’architettura è rimasta a capanna come da stile romanico, stile che ritroviamo soltanto nel transetto all’interno. 

POVIGLIO – IL MUSEO DELLA TERRAMARA
Uno dei pochi comuni della bassa che ha mantenuto testimonianze antecedenti il periodo feudale. La sua importanza è data dai ritrovamenti risalenti all’epoca dell’età del bronzo, in particolare insediamenti terramaricoli.
La cultura terramaricola, considerata una delle più significative civiltà dell’Europa preistorica, nasce e si sviluppa nella Pianura Padana tra 1650 e 1150 circa a.C. Le terramare sono villaggi fortificati di forma quadrangolare, delimitati da terrapieni (o palizzate nelle fasi più antiche) e fossati; erano posizionati nei pressi di corsi d’acqua, preferibilmente su dossi naturali. Le capanne, erano solitamente costruite su impalcati di tipo palafitticolo, innalzati però su terreno asciutto. Intorno al 1200 a.C. inizia per il mondo terramaricolo una grave crisi che nel giro di pochi anni porta all’abbandono di tutti gli insediamenti; attualmente si ipotizza che tale scomparsa sia stata determinata dalla concomitanza di varie cause, ma le dinamiche non sono ancora del tutto certe. Alla fine del XII sec.a.C. la pianura si ritrova pressochè spopolata e solo in epoca romana ritroverà quella densità demografica raggiunta durante il fiorire della cultura terramaricola.
La terramara più nota è quella di S. Rosa e si trova nella bassa pianura reggiana occidentale, su un antico dosso sabbioso del Po, che scorre oggi circa 3 kilometri a Nord. Ben visibile in foto aerea, è composta da due aree, definite da una traccia chiara: a Nord, esteso circa un ettaro, è riconoscibile il “villaggio piccolo”, intorno al quale si allarga il “villaggio grande”, con superficie di circa 5 ettari. Sono 4.000 i metri quadrati di superficie antica messa in luce, che fanno dello scavo di S. Rosa il più grande in Europa e uno dei maggiori nel mondo sia per estensione che per il tipo di ricerche condotte 

REGGIOLO
Le prime testimonianze scritte dell’esistenza del feudo risalgono al I secolo quando il territorio venne acquistato dai Canossa, anche se è certo che ci furono insediamenti precedenti data la presenza di ritrovamenti risalenti all’età del ferro in altri territori della Bassa nei pressi del Po. Dopo un susseguirsi di passaggi di proprietà ritroviamo tracce di Reggiolo nel 1200, quando fu la città di Reggio ad acquistare un terreno nei pressi dell’antica corte di Razolo per costruirvi un nuovo castello. Attorno ad esso comincia a crescere il numero di abitazioni protette dal nuovo sistema difensivo. Verso la fine del XIII secolo la città di reggio con tutti i suoi territori annessi, passa agli Estensi che, per appianare le controversie coi vicini Gonzaga, cedono loro i borghi di Suzzara, Reggiolo e Gonzaga. Nel corso dei secoli quindi, dentro la rocca, viene edificata una residenza gonzaghesca che nella seconda metà del Quattrocento viene ampliata e abbellita dall’architetto Luca Fancelli. Anche Giulio Romano partecipò ai rimaneggiamenti del castello. Dopo un periodo di declino dato dall’occupazione germanica e dalla peste, Reggiolo ritrova il suo lustro quando passa nel 1632 al ducato di Guastalla e, poco dopo, di nuovo sotto Mantova a causa dei patti matrimoniali fra Ferdinando Carlo, futuro duca di Mantova, e Anna Isabella, figlia del Duca di Guastalla, in cui si stabilisce che il Duca di Guastalla avrebbe rinunciato ad ogni territorio già mantovano, compreso quindi Reggiolo. E’ solo nel 1700 che la cittadina torna ad essere parte dei possedimenti di Guastalla, a causa del declino della famiglia Gonzaga, e, di conseguenza, sarà poi inglobata nel ducato di parma e Piacenza. E’ adesso che si completano le opere di sistemazione idraulica e hanno un grande sviluppo l’allevamento del baco da seta. Vediamo il nascere di piccole industrie di trasformazione dei prodotti: filande e lanifici. Una volta divenuto comune la rocca viene riscattata dalla comunità, ma vengono abbattute le mura esterne.
L’imponente rocca è dunque l’edificio più importante della città. Come abbiamo visto, si sviluppa intorno all’antico mastio del 1200 ed è tutt’oggi circondata da una cinta muraria un tempo alta 8 metri. All’interno vi sono cinque piani, oltre al piano terra e all’ultimo piano, ora a cielo scoperto, ma un tempo fornito di tetto, che possono essere risaliti con una scala a muro. Si possono ancora notare i fori nella muratura che erano serviti per fissare i ponteggi nella costruzione dello stesso mastio. Adibita ancora nel dopoguerra a usi abitativi, a sede scolastica e di laboratori artigianali, la Rocca ha poi conosciuto vari interventi di restauro tra i più importanti dei quali si ricordano quelli del 1976-1978 che hanno riguardato principalmente il mastio, e quelli del 1980-1983 che si sono occupati delle rimanenti strutture.

I Viaggi di Benedetto Morini