Eccellenze gastronomiche

La cucina parmigiana, di antichissima tradizione (fu celebrata già nel Duecento dal cronista Fra Salimbene de Adam), è figlia del burro e del formaggio, per cui può sembrare una cucina grassa. Invece è sostanziosa, ma non pesante, ricca di sapori e profumi e comprendente specialità che la rendono famosa.

CULATELLO DI ZIBELLO

Grazie all’inimitabile clima della bassa parmense e ai maestri di macellazione della zona, qui troviamo questo salume, la cui unicità è salvaguardata dal Consorzio del Culatello di Zibello. La fama che questo prodotto ha acquisito in tutto il mondo è relativamente recente, ma la produzione artigianale e la storia del Culatello hanno avuto inizio molti secoli prima. Si dice che fosse presente già già al banchetto di nozze di Andrea dei Conti Rossi e Giovanna dei Conti Sanvitale; anche la famiglia Pallavicino si dice abbia offerto dei culatelli in omaggio a Giovanni Maria Sforza. Sono però dei racconti tramandati di cui non c’è testimonianza scritta. Il culatello viene citato per la prima volta solo nel Settecento, all’interno di un documento del comune di Parma. Nell’Ottocento poi lo ritroviamo citato anche da poeti dialettali e persino D’annunzio ne parlerà in uno scambio epistolare con lo scultore Renato Brozzi. E‘ un prodotto della tradizione popolare la cui produzione è rimasta inalterata nei casolari della Bassa. Le fette del culatello devono essere sottili e rotonde, dal sapore dolce e di colore rosa chiaro, con belle e compatte striature di grasso bianchissimo. Per gustarlo al meglio, dopo aver asportato spago e pelle, ed averlo risciacquato, l’ideale sarebbe avvolgerlo in un canovaccio inumidito con vino bianco. In provincia di parma esiste la Strada del Culatello dio Zibello, itinerario creato lungo il Po, che attraversa diversi comuni della bassa, famosi per la produzione di questo prodotto e affini come la Spalla cotta, la spalla cruda o la spongata.

FUNGO PORCINO DI BORGOTARO

Il Fungo porcino o boletus di Borgotaro cresce nei boschi cedui della Val Taro e del Magra, ed è diviso in quattro specie chiamate: rosso, moro, magnàn e fungo del freddo. Questo prodotto è caratterizzato da un aroma intenso e un profumo pulito di bosco e terra umida. Può essere utilizzato in diverse ricette, benché sia ottimo anche da solo tagliato molto sottile, fritto o sulla griglia, è perfetto insieme alla polenta, alle tagliatelle, ai risotti, agli arrosti e alle scaloppine. Da non dimenticare anche le zuppe o le vellutate a base di funghi porcini. Esiste un vero e proprio consorzio che, come per il Culatello di Zibello, ha istituito un itinerario all’interno del quale si trovano diversi ristoranti della provincia che dichiarano di utilizzare il porcino di Borgotaro col marchio IGP. Lungo l’itinerario poi troviamo località da visitare come antichi borghi e castelli. Ricordiamo anche la Sagra del Fungo porcino che si svolge tutti gli anni ad Albareto e Borgotaro in Settembre.

PROSCIUTTO DI PARMA

La sua caratteristica principale è la dolcezza al palato. E’ solo nella zona di produzione della provincia di Parma che si verificano le condizioni climatiche ideali per una stagionatura naturale che gli conferisce il giusto grado di dolcezza. Considerato un prodotto indicato per chiunque, non essendo trattato o manipolato con additivi, è ideale come antipasto o anche come secondo piatto, avendo alto valore nutritivo. ER’ possibile assistere alla lavorazione del prosciutto rivolgendosi al Consorzio del prosciutto di parma o alla strada dei Vini che, nel suo itinerario, include la scoperta di diversi prodotti tra cui il prosciutto (oltre al Parimigiano-Reggiano, il salame Felino o il vino dei colli di Parma). A Langhirano troviamo inoltre il Museo del Prosciutto di Parma, ospitato nell’ex Foro boario, uno spazio di più di 500 metri quadrati, diviso in sezioni, sul modello del Museo del Parmigiano-Reggiano di Soragna, nelle quali hanno rilievo le origini, l’evoluzione tecnica e di costume, l’aneddotica e le curiosità, le applicazioni gastronomiche fino all’attuale produzione.

SALAME DI FELINO

L’impasto caratteristico di questo salame deriva da sole carni suine, i cui tagli provengono dalle rifilature magre delle coppe, dei prosciutti o delle spalle. Il perfetto insieme di carne grassa (75%) e magra (25%) viene triturato in pasta grossa, poi vi si aggiunge sale, pepe in grani e nitrato. Vengono poi aggiunti aglio e pepe tritati e sciolti nel vino bianco nel momento dell’insacco. La stagionatura è di soli uno o due mesi. Il salame deve essere poi affettato con un taglio di 60° rispetto al suo asse, per evidenziarne la grana. La fetta ha un aspetto irregolare, colore rosso o rosato e presenta una grana non ben definita e un gusto delicato. Anche il Salame di Felino ha marchio IGP. Lo si può degustare al meglio seguendo la strada dei vini e dei prosciutti. A Felino poi esiste un vero e proprio museo del salame, allestito all’interno del castello.

PARMIGIANO-REGGIANO

Non è solo una delle eccellenze gastronomiche del territorio, è anche uno dei simboli della cucina italiana per il resto del mondo. Si tratta di un formaggio a pasta cotta, duro, di latte vaccino parzialmente scremato. E’ tutelato dalla Denominazione d’Origine Protetta (DOP). L’area di produzione comprende le provincie di ParmaReggio EmiliaModenaMantova (solo per la parte di provincia nei pressi del Po) e di Bologna. I piccoli caseifici che producono le forme da esportare in tutto il mondo (e si parla di circa 3.000.000) sono poco più di 400, con una stima di 20 forme al giorno. La genuinità del prodotto è data per l’appunto dalla mancanza di grandi aziende produttrici che permettono di effettuare la lavorazione in maniera inalterata rispetto alle antiche tradizioni casare, nate ancora nel 1100.
Viene utilizzato latte appena munto che, lasciato riposare tutta una notte, fa affiorare la panna che viene tolta la mattina seguente (la scrematura appunto) e che servirà poi per la produzione del burro. Dopo aver aggiunto altro latte munto la mattina stessa si procede con la lavorazione. Si aggiunge del caglio di vitello, che ha la funzione di far coagulare il latte trasformandolo in cagliata, che si deposita sul fondo della vasca. Viene quindi raccolta e rotta, per essere poi inserita in appositi stampi (le fascere) che gli danno la forma caratteristica. Dopo aver riposato un paio di giorni, le forme vengono salate quotidianamente per circa un mese. Terminata l’operazione è giunto il momento della stagionatura che ha un minimo di 12 mesi. Una volta pronte le forme vengono controllate, saggiate con appositi strumenti e, finalmente, ricevono il marchio DOP.
E’ un prodotto adatto a tutti, ideale per vecchi e bambini grazie alla sua alta digeribilità unita alla grande concentrazione di calcio e fosforo. Lo si può utilizzare sia come formaggio da pasteggiare (migliore la stagionatura di 12 mesi), sia come ingrediente per numerosissime ricette (perfetto quello stagionato 24 mesi, ideale da grattugiare). E’ un formaggio perfetto per essere degustato con l’accompagnamento di marmellate, mostarde o di aceto balsamico

TARTUFO NERO

Il tartufo di Fragno si ritrova soprattutto nella Val Baganza e nella Val Parma. Questo tartufo è stato riconosciuto come specie autonoma per distinguere il Tuber uncinatum Chatin – tale la denominazione scientifica del nero di Fragno- dal Tuber aestivum, più noto come ‘scorzone’ per le grosse verruche che caratterizzano la sua parte esterna. Questo tipo di tartufo è il corrispettivo nero del tartufo bianco di Alba ed è perfetto da affettare crudo sulle portate. E’ ottimo anche mescolato al parmigiano reggiano, nel burro, nei risotti e sulle uova. A novembre, ogni anno, si tiene la fiera del tartufo nero di fragno a Calestano, quando i ristoranti della zona propongono interi menu a base di tartufo e ritroviamo mercatini e bancarelle alternati a spettacoli musicali.

VINI DEI COLLI

Il Consorzio Volontario per la Tutela dei Vini dei Colli di Parma, tutela i vini doc della zona collinare e si impegna dal 1977 a farli conoscere al di fuori della provincia. Un tempo di sole 3 categorie, ad oggi sono 13 che hanno ottenuto il bollino doc, anche se alcuni con produzione limitata che li pongono in un’elite comunque apprezzata a livello nazionale. La zona geografica di produzione delle uve si colloca nella zona collinare della provincia di Parma e precisamente tra i 200 e gli 800 metri d’altitudine, compresa tra il fiume Enza ad est e lo Stirone ad ovest, comprendendo tutti i comuni della fascia. Tutte le uve devono essere prodotte in provincia di Parma e devono essere lavorate in loco, mentre i vini ricavati non possono uscire dalla provincia se non dopo essere stati riconosciuti, approvati e imbottigliati nella stessa. I produttori parmensi, con i loro vini, hanno ottenuto e continuano ad ottenere importanti riconoscimenti, a livello nazionale e internazionale, per la qualità dei loro prodotti sia D.O.C. che I.G.T.. In provincia di Parma, oltre i vini citati, c’è un’ottima produzione di vini a Indicazione Geografica Tipica, che per l’economia agricola del parmense è di notevole importanza.

SPONGATA DI BUSSETO

La Spongata è una torta di forma piatta e rotonda, composta da un involucro di pasta sottile e croccante, coperto di zucchero a velo, e da una farcitura morbida, di colore bruno chiaro, dal pronunciato sapore speziato. La ricetta tradizionale, che comporta un ciclo di produzione di tre giorni, è documentata fin dal Trecento. I non pochi ingredienti principali sono: pane abbrustolito, amaretti, noci, miele, zucchero, pinoli, uva sultanina, chiodi di garofano, noce moscata, cannella, scorza di arancia, vino bianco. Il nome fa riferimento alla “spongia”, “spugna”, vuoi per la consistenza del ripieno, vuoi per la superficie bucherellata dell’involucro, ma anche ad una particolare lavorazione dello zucchero. Secondo alcuni la spongata è un dolce legato alla presenza ebraica in numerosi centri della pianura emiliana; secondo altri si tratterebbe di una preparazione di origine romana mantenuta in vita nelle corti medievali in cui era forte la tradizione dei panes melati ac pepati; gli Estensi ne regolarono la produzione con un’apposita “grida”. L’areale geografico della spongata ha il suo nucleo a Reggio Emilia e specifica tradizione a Brescello, con estensione nelle province confinanti di Parma (Busseto in pianura e Corniglio, Berceto e Cassio sull’Appennino) Piacenza e Modena. Ma è presente, con tradizioni d’antica data anche a Pontremoli, nella Valle del Magra e a Sarzana La spongata un tempo veniva preparata nella stagione invernale, a partire da Ognissanti, e si conservava a lungo in recipienti sigillati. Oggi è disponibile tutto l’anno, anche nella più recente versione al cioccolato. A Busseto (PR) la tradizione della spongata trova un alfiere storico: l’Antica pasticceria Muggia, le cui origini risalgono al 1867: mentre Giuseppe Verdi componeva il Don Carlos, nell’antica pasticceria Muggia di Busseto nasceva questa specialità di pasta frolla tirata a mano ripiena di miele, mandorle, pinoli, frutta candita, cedro e uva passa. Diventò il dolce di Busseto, e anche il grande musicista la considerava un delizioso capolavoro. A Brescello il primo documento in cui si parla della spongata risale al 1454 e l’anno successivo figura fra i doni inviati al duca Borso d’Este.Il merito di aver riscoperto nel 1830 l’antichissima ed originale ricetta della vera Spongata di Brescello va attribuito al sacerdote don Palazzi, che nel 1945 la cedeva allo speziale Panizzi. Dal 1863 la Spongata di Brescello è indissolubilmente legata al nome di Luigi Benelli, che ne intraprese la produzione artigianale e la commercializzazione.

I Viaggi di Benedetto Morini